Arcipelago Italia centrale: Lazio | |||
L'Abbazia di Farfa | |||
Farfa è uno dei più caratteristici e intatti borghi medievali del Lazio. Nel periodo di massimo splendore, possedette una vastissima porzione dell'Italia centrale. L'origine dell'Abbazia è ancora incerta, secondo i più recenti scavi archeologici (guidati dal prof. David Whitehouse, direttore della British school di Roma) esistevano già tracce di un manufatto del periodo romano sotto l'attuale Badia. Nel VI secolo d. C., fu un centro ricco e fervente di fede. Al tempo dell'invasione longobarda esistevano una basilica ed alcuni edifici monastici. Alla fine del VII secolo, Tommaso di Moriana riedificò la basilica e diede luogo ad una rifondazione della comunità sui resti di una chiesa dedicata alla Madonna. Nei primi anni dell'VIII secolo il monastero godette della protezione del Duca di Spoleto Faroaldo II. Farfa era un'Abbazia Imperiale e nonostante fosse vicinissima alla S. Sede era svincolata dal controllo pontificio. In pochi decenni divenne uno dei centri più conosciuti e prestigiosi dell'Europa medievale. Persino Carlo Magno, poche settimane prima di essere incoronato in Campidoglio, visitò l'Abbazia e vi sostò. Per capire di quali privilegi economici godesse, basta pensare che nell'830 d. C. , sotto l'Abbate Ingoaldo, Farfa possedeva una nave commerciale esentata dai dazi dei porti dell'impero carolingio. Nello stesso periodo risale l'ampliamento massimo del monastero: la chiesa principale, dedicata alla Vergine, si arricchì con una seconda abside dedicata al Salvatore, un ciborio tutto d'onice, affiancata da due torri. La ricchezza del monastero era costituito, tra l'altro, da un cofanetto d'oro purissimo adorno di gemme (donato da Carlo Magno), una croce d'oro con pietre preziose lunga oltre un metro, quattordici calici d'argento, due croci d'oro con reliquie della S. Croce, due corone d'oro e d'argento e quattro sigilli d'oro. L'arrivo dei Saraceni, dovuto alla decadenza dell'Impero carolingio, segnò la fine dello splendore dell'Abbazia. Per sette anni resistette l'Abbate Pietro I con le sue milizie e, alla fine, divisi monaci e tesoro in tre parti, scappò da Farfa. L'Abbazia fu presa e incendiata. Dei tre gruppi di monaci rimasti, il primo fu trucidato a Rieti dai Saraceni, il secondo fondò Santa Vittoria di Matenano nelle Marche, e il terzo, che si era rifugiato a Roma, attese il cessato pericolo e tornò a Farfa sotto la guida di Ratfredo il quale, divenuto Abbate, nel 913 ricostruì la chiesa. Perduta la protezione imperiale, fu perduta anche la sua unità territoriale. Alcune famiglie romane (Crescenzi-Ottaviani e Stefaniani) si insediarono in molti territori dell'Abbazia divenendone di fatto proprietari; fu un periodo caotico al punto tale che si ebbero all'interno dell'Abbazia contemporaneamente tre abbati in lotta tra loro. Grazie alla dinastia degli Ottoni con il contemporaneo rilancio imperiale, Farfa godette di un periodo di ripresa ad opera dell'Abbate Ugo I 997 - 1038 d. C.. Torna ad essere Abbazia imperiale con Berardo I (1047 - 1089). Si schiera contro i Papi e a favore di Enrico IV. Nel 1097, i monaci decidono, per motivi di sicurezza, di trasferire il complesso abbaziale sul sovrastante monte Acuziano, dove ancora oggi sono visibili le imponenti rovine dell'opera iniziata e mai finita. In questo periodo i possedimenti farfensi sono vastissimi. Dal diploma del 1118: l'Imperatore Enrico V riconferma pertinenti all'abbazia le zone di S. Eustachio e Palazzo Madama in Roma, Viterbo, Tarquinia, Orte, Narni, Terni, Spoleto, Assisi, Perugia, Todi, Pisa, Siena, Camerino, Fermo, Ascoli, Senigallia, Osimo, Chieti, Tivoli, il territorio aquilano, il Molise, il porto di Civitavecchia e metà città. il Concordato di Worms (1122) segnerà il passaggio del monastero all'autorità pontificia segnando definitivamente la sua decadenza. Con l'Abbate Adenolfo (1125) si sancì ufficialmente la totale sudditanza. Alla decadenza economica si aggiunse verso la metà del XIV secolo l'interdizione e scomunica dell'Abbate per il mancato pagamento delle decime alla Camera Apostolica. All'inizio del XV secolo Carbone Tomacelli, nipote di papa Bonifacio IX, fu il primo "Abbate Commendatario". Il prestigio dei secoli passati è solo un ricordo ma, in alcuni casi, le famiglie nobili che ebbero, con l'istituto di Commenda, il monastero, ne migliorarono le strutture. Gli Orsini nella seconda metà del XV secolo costruirono l'attuale chiesa che fu consacrata nelle 1496. I Barberini riordinarono e ampliarono il borgo. Nel 1798 Farfa subì il saccheggio dei Francesi e nel 1861 la confisca da parte dello Stato italiano. Dal 1921 l'Abbazia appartiene alla comunità benedettina di S. Paolo fuori le mura. L'Abbazia si può visitare anche all'interno chiedendo di essere accompagnati al chiostro Longobardo (con una bifora romanica del XIII sec.). e al chiostro grande risalente alla seconda metà del XVII secolo, dove sono raccolte sculture ed epigrafi romane. Famosa la biblioteca attualmente dotata di oltre 45.000 volumi, dove si trovano alcuni pregevoli codici. L'antica biblioteca di cui era dotata l'abbazia ebbe il suo massimo splendore verso la fine XI sec., fu una delle biblioteche più ricche d'Europa. Il suo prestigioso Scriptorium creò una scrittura, sotto il governo dell'Abate Ugo I, che assunse una caratteristica propria distinguendosi da tutte le altre minuscole del tempo: la Minuscola Romana nello Scriptorium Pharfense diventa la Romanesca Farfense che troverà gloria nelle opere di Gregorio da Catino (1062 -1133), autore di fondamentale importanza per la storia italiana ed europea del Medioevo. Da visitare anche i locali del nuovo Museo. Nella Sezione Arcaica fanno bella mostra i materiali archeologici appartenenti ai popoli che vivevano nell'antica Sabina (molto più grande dell'attuale) provenienti dalla vicina località di Colle del Forno. Testimonianza di questa cultura italica è il Cippo di Cures, unico esemplare di epigrafia sabina su pietra della fine VI sec. a.C. Il prezioso reperto, non ancora completamente interpretato, fu rinvenuto nel marzo del 1982 nell'alveo del torrente Farfa. Per le rilevanti testimonianze storiche ed archeologiche, nonchè per la presenza di importanti zone naturalistiche come la Riserva Tevere-Farfa, la Riserva di Monte Elci e le sorgenti delle Capore, tutta la zona del bacino del Farfa meriterebbe una tutela maggiore valorizzandola a Parco Naturale. Sosta in area poco prima dell'Abbazia, possibilità di rifornimento d'acqua e scarico (solo cassetta in WC). Vedere l'elenco aree di sosta. |