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Labro si erge su un colle che si affaccia sul lago di Piediluco. Alle spalle la catena del Terminillo. Le antiche case, i nobili palazzi sono stati ristrutturati negli ultimi anni dall'architetto Ivan Van Mossevelde.
Per merito di questo architetto il turista può ammirare l'antico borgo interamente ristrutturato con sassi originali. Passeggiando nelle tortuose stradine, cosa rara, anch'esse lastricate in sasso bianco come
era nell'antichità, potrà godere di vedute stupende sul lago e sulle splendite
montagne, che improvvisamente si aprono tra le abitazioni di pietra, tra archi e dal belvedere posto sulla sommità del paese.
Incerta è l'origine del nome del paese: per alcuni deriverebbe dal latino "aper, aprum" cinghiale.
Secondo una leggenda, la prima fortezza di Labro venne edificata da un patrizio reatino, il signore De' Nobili, il quale, in occasione di una battuta di caccia, aveva fatto promessa di costruire un castello nel luogo dove avrebbe abbattuto il suo primo cinghiale.
Forse a memoria del fatto, ancor oggi lo stemma del paese reca su di sé l'immagine di un cinghiale sotto una quercia;
Per altri, il nome Labro sarebbe una derivazione di "lavabrum" che in latino vuol significare "vasca, bacino": per la prossimità al paese del lago di Piediluco, un tempo assai più esteso.
Dal Decimo secolo dell'era moderna si hanno già notizie precise sulla contrada e sul castello di Labro, fatto costruire dai Nobili a somiglianza della Rocca di Spoleto; e dal 956 inizia la storia feudale del paese, quando l'imperatore germanico Ottone I investe Aldobrandino
De'Nobili signore di Labro e concede a lui, oltre al titolo suddetto, la signoria di altri 12 castelli situati tra il ducato spoletino e Rieti.
Il periodo medioevale non fu certo un'epoca tranquilla per Labro: anzi, proprio per le lotte svolte in quel periodo, il paese si fece la fama di centro battagliero; innumerevoli furono le guerre che Labro combatté contro i castelli vicini, e specialmente violente furono quelle contro la rocca di Luco.
Una di queste guerre fu persa dalla famiglia de' Nobili, nella seconda metà del '400.
La famiglia Nobili donò nel XII sec. a S. Giovanni in Laterano la quarta parte di Labro per trovare un valido appoggio nella lotta contro
i Normanni.
All'antica famiglia dei signori rimase solo la cinta delle mura del castello. Giordano De' Nobili, nel XVI secolo, edificò un palazzo forte, tutt'ora esistente e di proprietà della famiglia Nobili Vitelleschi.
La struttura portante del paese le vie, seguono il corso del sole, l'abitato
scende dalla sommità del colle per fasce ben delimitate. La prima, più antica, è quella del castello e della torre, orientata verso est;
poi si incontra la fascia dei palazzi nobiliari, e scendendo ancora segue la fascia delle case della gente comune. Questi tre percorsi principali, uniti fra loro da percorsi secondari, scavati nella roccia, sono la
rappresentazione delle classi sociali di Labro: il percorso più basso serve una fascia di abitazioni unifamiliari, di artigiani o contadini. Il percorso intermedio comprende palazzi di tipo signorile. Il percorso più alto, che funziona anche come via di accesso al castello, è edificato sulla porzione più elevata del colle.
Questa fisionomia, disegnata dalla esigenze del tempo, è passata indenne attraverso la storia, per arrivare intatta ai giorni nostri.
Neanche i terremoti e le guerre sono riuscite nell'impresa di lasciare il segno.
Durante la Seconda Guerra Mondiale per rappresaglia cinquantuno uomini di Labro furono messi al muro. Fu solo per il deciso intervento della Marchesa Maria Giovanna, che si riuscì a rimandare l'esecuzione grazie alla sua conoscenza del tedesco e ad una preziosa abilità diplomatica, salvando così la vita di un paese intero.
Nel dopoguerra a causa dello spopolamento, Labro rischiò di essere
abbandonato, ma grazie ad un gruppo di belgi, ebbe un destino diverso.
Purtroppo la maggior parte degli altri borghi medioevali vicini, che hanno
subito devastanti ristrutturazioni, hanno finito per perdere l'antico fascino
dei luoghi.