Parco di grande importanza ambientale, circa l'80% del territorio è boscoso: l'area protetta rappresenta una delle foreste più pregiate d'Europa, il cui cuore è costituito dalle Foreste Demaniali Casentinesi al cui interno si trova la Riserva naturale integrale di Sasso Fratino, la prima istituita in Italia nel 1959. Anche la cima più alta del Parco, Monte Falco, presenta una Riserva Naturale Integrale nel versante nord. Infine, il Parco nazionale accorpa anche la Riserva Naturale Biogenetica di Campigna, la Riserva Naturale Biogenetica di Scodella, la Riserva Naturale Biogenetica di Camaldoli e la Riserva Naturale Biogenetica di Badia Prataglia.
Il territorio del Parco è caratterizzato anche dalla presenza di centri abitati ricchi di storia, quali Badia Prataglia, Camaldoli, La Verna e San Benedetto in Alpe.
Le zone di tutela del parco
Per la varietà degli ambienti, in seguito all'approvazione ed entrata in vigore del Piano del Parco, il territorio è suddiviso in quattro zone, classificate secondo il regime di tutela al quale sono sottoposte:
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"Zona A di riserva integrale": comprende aree di eccezionale valore naturalistico, in cui l'antropizzazione è assente o di scarso rilievo e nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità; sono destinate alla salvaguardia ed al mantenimento degli equilibri biologici ed ambientali in atto, alla prevenzione ed all'eliminazione di eventuali fattori di disturbo endogeni ed esogeni. Con una superficie di circa 924 ettari, questa area comprende le Riserve Naturali Integrali di Sassofratino, della Pietra e di Monte Falco;
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"Zona B": è la zona nella quale le attività consentite sono finalizzate al miglioramento della complessità degli ecosistemi, al mantenimento di equilibri naturali e colturali, all'esaltazione ed alla conservazione degli elementi di forte caratterizzazione paesaggistica, storica, monumentale, ancorché non coerenti con le caratteristiche di naturalità peculiari della zona stessa. Nella zona B vengono conservate le caratteristiche naturali, nello stato più indisturbato possibile. La naturalità è mantenuta attraverso la mera protezione, l'intervento attivo dell'Ente ed il mantenimento dei soli usi didattici, educativi,divulgativi, ricreativi ed agro-silvo-pastorali tradizionali, compatibili con la conservazione delle caratteristiche di massima naturalità. È costituita per buona parte dalle Foreste Demaniali Regionali, dalle Riserve Naturali Biogenetiche statali di Camaldoli, Scodella, Campigna e Badia Prataglia, e dal Santuario francescano della Verna;
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"Zona C": essa è caratterizzata dalla presenza di risorse naturali, paesaggistiche ed ambientali meritevoli di protezione e valorizzazione. Comprende aree di interesse naturalistico, caratterizzate dal fatto che l'attività umana ha conformato l'aspetto dei luoghi e l'ambiente portandolo allo stato attuale meritevole di protezione, le quali dovranno essere oggetto di tutela paesaggistica attraverso il mantenimento dell'equilibrio tra il sistema insediativo e quello naturale.
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"Zona D": comprende tutti i centri urbani e le loro previste espansioni, nonché aree a destinazione produttiva tradizionale, piccoli centri di valore storico e di valenza turistica.
Il mondo vegetale
Il Parco racchiude inoltre la Riserva naturale Sasso Fratino, la quale comprende tratti di foresta che si sono conservati nella condizione più prossima alla massima “naturalità. Le diverse tipologie di vegetazione, nel loro complesso, si possono così riassumere:
Faggete ed abetine
I boschi di faggio (Fagus sylvatica) costituiscono in tutto l'Appennino la vegetazione più caratteristica e rappresentativa dell'orizzonte montano.
Tra i 900-1000 m e le quote più elevate, il faggio tende a formare popolamenti in cui risulta nettamente dominante. Talvolta le faggete sono state sostituite da abetine di abete bianco (Abies alba), favorite dall'uomo per scopi selvicolturali.
Nelle aree meglio conservate troviamo numerose altre latifoglie, quali frassino maggiore (Fraxinus excelsior), aceri (Acer platanoides, Acer pseudoplatanus, Acer opalus s.l.), tiglio selvatico (Tilia platyphyllos), olmo montano (Ulmus glabra).
Si tratta di una vegetazione montana ricca di specie arboree, e molto rara nell'Appennino, quindi di notevole interesse naturalistico.
Nelle faggete di bassa quota si possono trovare individui di tasso (Taxus baccata) e agrifoglio (Ilex aquifolium), rari e protetti in Emilia-Romagna.
Querceti e boschi misti di latifoglie decidue. Occupano la fascia collinare e basso-montana, fino ad altitudini di circa 900-1000 m. Le costituenti arboree principali sono le querce decidue (Quercus cerris e Quercus pubescens, raramente Quercus petraea), il castagno (Castanea sativa), i carpini bianco e nero (Carpinus betulus e Ostrya carpinifolia), l'acero opalo (Acer opalus s.l.).
Sono queste foreste più varie con strati arbustivi ed erbacei più ricchi di specie.
Il castagno da sempre è stato coltivato dall'uomo per ricavarne castagne e legname. Con la diffusione delle malattie del castagno e lo spopolamento delle aree montane molte di queste selve sono state abbandonate e convertite in cedui o fustaie. Ciò nonostante i castagneti da frutto sono ancora piuttosto diffusi sia nel versante romagnolo
sia in quello toscano del Parco.
Gli arbusti
Alle quote superiori troviamo mirtillo (Vaccinium myrtillus) e brugo
(Calluna vulgaris), o cespuglieti con ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius)
e felce aquilina (Pteridium aquilinum). A quote inferiori troviamo prugnolo
(Prunus spinosa), rovi (Rubus sp. pl.), biancospino (Crataegus monogyna), rosa
selvatica (Rosa canina s.l.), ginepro comune (Juniperus communis), pero
selvatico (Pyrus pyraster), e sanguinello (Cornus sanguinea).
Praterie
In tutti i settori del Parco ed a tutte le altitudini sono presenti aree prative
destinate al pascolo derivate dalla distruzione di formazioni forestali avvenuta
in tempi lontani. Le praterie montane sono principalmente costituite da Nardus stricta e Festuca. I prati e i pascoli delle quote submontane risentono invece maggiormente del tipo di disturbo antropico attuato e sono principalmente costituite da Bromus erectus e Brachypodium rupestre.
Fauna
Mammiferi
La più importante popolazione di lupo dell'Appennino settentrionale, suddivisi in 9 ipotetici branchi distribuiti su tutto il territorio del Parco. Uno dei fattori che ha favorito il lupo sul territorio, insieme alla vastissima copertura forestale, è la consistente presenza di cinque specie di ungulati: cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone. Quest'ultimo, introdotto con certezza a partire dal 1835 da Karl Siemon per conto del Granduca di Toscana Leopoldo di Lorena, è certamente una presenza alloctona non particolarmente adatta al contesto ambientale, ma tuttora presente con una popolazione di ridottissime dimensioni.
Altra presenza importante tra i carnivori è quella del Gatto selvatico. Possiamo
comprendere complessivamente 21 specie presenti con certezza sul territorio delle Riserve Biogenetiche e quindi nel Parco Nazionale stesso, tra cui molto comuni sono la volpe, la lepre, la talpa europea e la talpa cieca, lo scoiattolo rosso, l'istrice ed il riccio. Tra i Mustelidi è confermata la presenza di tasso, donnola, faina e puzzola. Per quanto riguarda i
pipistrelli la checklist del Parco oggi consta di circa 15 specie che rappresentano la metà della fauna nazionale. Un patrimonio ancora ricco e diversificato su cui però pesa ancora la scarsa conoscenza distributiva e di dati sulla reale consistenza delle popolazioni.
Anfibi, rettili e invertebrati
Sono 23 le specie di Anfibi e Rettili, ovvero un terzo degli anfibi italiani ed un quinto dei rettili italiani. Vanno ricordati la Salamandra pezzata, la Salamandrina dagli occhiali, il Geotritone italiano, il Tritone alpestre o montano, il Tritone comune o punteggiato, il Tritone crestato italiano; tra gli anfibi importante
la presenza dell'Ululone dal ventre giallo. Tra i rettili risultano diffusi la Biscia dal collare, il Colubro di esculapio, il Biacco, il Colubro liscio, il Colubro di riccioli, la Biscia tassellata e la Vipera comune.
Le ricerche in questi ultimi anni continuano a fornire dati sulla presenza di specie di invertebrati che per la loro rarità hanno una valenza naturalistica eccezionale. Basti citare a tale proposito la popolazione del raro e protetto gambero di fiume (Austropotamobius pallipes), del Granchio di fiume (Potamon fluviatile) o l'eccezionale diversità di insetti xilofagi. Questi animali costituiscono componenti essenziali per il funzionamento degli ecosistemi forestali, la cui gestione all'interno del Parco Nazionale e delle Riserve Biogenetiche privilegia fortemente la presenza di alberi morti e necromassa al suolo. La Riserva Integrale di Sasso Fratino, in particolare, rappresenta un luogo privilegiato in tal senso, in cui il bosco viene lasciato alla sua naturale evoluzione e sono presenti comunità uniche di invertebrati xilofagi, funghi e organismi coinvolti nei processi di degradazione e decomposizione del legno morto.