A lungo la regione Dolomitica fu una zona di confine fra
terre emerse e un mare poco profondo caratterizzato da isole emergenti,
soggette a erosione. Nelle zone di bassi fondali si depositavano
frammenti di roccia e resti organici: durante l’Anisico, fra 240 e 236 milioni di anni fa, strati di arenarie rossastre e
di calcari grigi si alternavano talora ai depositi conglomeratici di Richthofen. In alcune zone ove l’ambiente marino era più tranquillo,
ambienti ricchi di vita davano origine ai sedimenti organogeni
della Dolomia del Serla. Un tipico esempio di tali depositi si riscontra
nel Castelaz.
Solo in un periodo successivo, il Ladinico, fra 235 e 230 milioni di
anni fa, si formarono le scogliere di Dolomia dello Sciliar, che
costituiscono il corpo massiccio delle Pale di San Martino. Poco diversa
è la Dolomia della Rosetta, che si formò più tardi in un bacino lagunare
chiuso, stratificandosi sull’omonima cima e sull’altopiano delle Pale.
La zona occidentale (Pale di San Martino, Marmolada, Latemar,
Catinaccio) restava vicina al pelo dell’acqua, mentre il lato orientale
(corrispondente al Cadore, Comelico, Zoldano) sprofondava in acque
profonde. Alghe e coralli si accumularono con rapidità in acque
ben ossigenate, pulite e tranquille. Mentre la subsidenza continuava,
nuove colonie coralline si sovrapponevano alle spoglie di quelle
preesistenti fino a raggiungere uno spessore di circa 800 metri. Ne
derivò una dolomia chiara , compatta, cristallina, senza
stratificazioni: più antica degli altri tipi di dolomia che
caratterizzano il settore orientale delle Dolomiti e il gruppo di
Brenta.
Il processo di dolomitizzazione (che deriva dal doppio scambio di calcio
e magnesio fra la roccia e le acque marine) non ebbe ovunque la stessa
intensità: montagne come la Marmolada,
la Costabella e il Latemar hanno mantenuto la loro originaria
composizione calcarea.
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